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Anja e Dostoevskij a Firenze, un nuovo libro di Nicoletta Manetti. Pontecorboli Editore

Fёdor Dostoevskij e la giovane moglie Anja Grigor’evna Snitkina soggiornano otto mesi a Firenze, dal novembre 1868 al luglio 1869, quando Firenze è Capitale.

La figlia Liubov scrive:

“I miei genitori erano molto felici a Firenze. Mi sembra che sia stato il periodo più armonioso della loro luna di miele.
Mio padre amava molto l’Italia; diceva che il popolo italiano gli ricordava molto quello russo”.
Liubov’ Fedorovna Dostoevskaja,
Dostoievskij nei ricordi di sua figlia, Milano 1922.

Fёdor e la giovane moglie Anja soggiornano otto mesi a Firenze, dal novembre 1868 al luglio 1869, quando la città è Capitale. Lui ricorda un suo precedente soggiorno nell’agosto del 1862 con l’amico Strachov: ricorda la bellezza, il sole, i prezzi abbordabili e le riviste russe al Gabinetto Vieusseux.
Trova una Firenze totalmente diversa, straripante di gente, piovosa e con i prezzi alle stelle. Nelle lettere alla nipote e agli amici si intrecciano le contraddizioni, le lodi e le insofferenze per la città. Dove ora si sente “un topo in cantina” , ora sfiora l’estasi davanti alla Madonna della Seggiola e alla Porta del Paradiso. Dove “i prezzi sono rincarati, ma non come a Pietroburgo”. Dove il fiume non ghiaccia mai, ma l’estate è soffocante. Dove la salute pare peggiorare, ma in seguito sembra aver tratto giovamento. Dove non riesce a lavorare, ma finisce “L’idiota” e pone basi importanti per le opere future. Più gli alloggi sono umidi e soffocanti, più gode delle passeggiate a Boboli dove si incanta dinanzi alla fioritura delle rose a gennaio; più soffre l’isolamento, più stringe il legame con Anja, e alimenta dentro di sé il misticismo. In questa città, la coppia ha la gioia di concepire nuovamente un figlio e la terribile paura di perderlo, come era successo un anno prima.
Alti e bassi. Meraviglia e tormento. Un momento Firenze è il paradiso, il giorno dopo l’inferno. Luci e ombre, contrasti a non finire. Una città amata e detestata.
Insomma, cosa è stata Firenze per Dostoevskij? Paradiso o inferno? Felicità o infelicità?
Potremmo trovare ne I demoni la risposta: “Accanto alla felicità, un uomo ha bisogno anche di altrettanta infelicità”. Per dirla con lui, quindi, a Firenze, in quegli otto mesi, Dostoevskij forse trovò tutta l’infelicità e la felicità di cui aveva bisogno. In ugual misura.

 

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